La responsabilità genitoriale condivisa - cosa dice la legge
2- LA BI-GENITORIALITÀ O RESPONSABILITÀ GENITORIALE CONDIVISA
In sostanza, il principio che viene affermato a gran voce dalla nuova legge è quello della bigenitorialità, intesa quale diritto del figlio ad un rapporto completo e stabile non con uno, ma con entrambi i genitori, e ciò anche laddove la famiglia attraversi una fase critica, con conseguente disgregazione del legame sentimentale e talvolta anche giuridico tra i genitori conviventi.
La legge richiama ad una responsabilità genitoriale forte, più che ad una patria potestà sul minore. Il compito dei coniugi che si stanno separando, insieme al giudice, sarà dunque di creare un progetto di affidamento condiviso sui propri figli, dove padre e madre avranno eguali responsabilità, diritti e doveri.
La difficoltà sarà dunque in quelle coppie in cui il conflitto è elevato e il raggiungimento di un accordo reciproco molto difficile.
In questi casi il giudice può creare un progetto di affidamento, con compiti chiari e distinti per ogni genitore, avvalendosi se necessario dell’aiuto di un esperto nel ruolo di CTU, e dell’ascolto dei figli coinvolti se hanno compiuto 12 anni o se di età minore se capaci di discernimento.
Nella letteratura è ormai condiviso che la separazione ed il divorzio non possono essere considerati eventi “puntiformi” ma “processi” che comportano un’evoluzione delle relazioni familiari sul piano coniugale, su quello genitoriale e su quello riguardante l’ambiente esterno, la famiglia d’origine e gli amici.
Il principale compito che la famiglia separata si trova infatti ad affrontare è la riorganizzazione delle relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. Per poter gestire il conflitto emergente dalla separazione in maniera cooperativa, a livello coniugale la coppia deve elaborare il fallimento del proprio legame, il divorzio psichico.
Contemporaneamente a livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di padre e madre e a riconoscersi come tali ed instaurare un rapporto di collaborazione e cooperazione per tutti gli aspetti che riguardano l’esercizio della genitorialità.
Molto spesso però questo non accade e la battaglia esce e si protrae fuori dalle porte del Tribunale innescando nel bambino una suddivisione dei propri genitori in un “genitore buono” e in un “genitore cattivo”.
La conflittualità che molto spesso accompagna le separazioni coniugali rende ciechi i genitori dei bisogni effettivi ed affettivi dei propri figli: la separazione dei genitori significa per il bambino avere un padre ed una madre che non si amano più innescando in lui conflitti e domande sul se sia giusto continuare ad amare entrambi dal momento che loro non si amano più.
Secondo Cigoli e Scabini(2000) i compiti di sviluppo che gli ex coniugi devono affrontare come genitori sono fondamentalmente due:
1- mettere in atto una forma di collaborazione con l’ex coniuge per garantire l’esercizio della funzione genitoriale
2- consentire al figlio l’accesso alla storia di entrambe le famiglie di origine.
Il primo compito richiede di trovare un equilibrio di distanze tra ex coniugi e un equilibrio di funzioni tra l’essere ancora genitori. In altre parole riuscire a separarsi come coniugi rimanendo un padre e una madre, salvando la genitorialità. Per poter fare questo gli ex coniugi devono affrontare la fine della coppia riuscendo a portare in salvo il legame (Cigoli, 1999). Ciò significa essere in grado di ricercare e riconoscere, accanto a ciò che è stato fonte di dolore e ingiustizia, ciò che di buono e giusto è stato compiuto e distribuito nella relazione. Si tratta cioè di riconoscere l’esistenza di aspetti positivi e si tratta di tenere viva la fiducia nel valore del legame e in se stessi come degni di legame (Cigoli e Scabini, 2000). Questo processo, tuttavia, è molto difficile e doloroso, tanto che spesso il legame irrisolto tra gli ex coniugi con i suoi aspetti di conflitto cronico intacca l’esercizio della funzione genitoriale.
Il secondo compito è quello di consentire ai figli l’accesso alla storia intergenerazionale. Diversi autori ritengono fondamentale garantire al figlio l’accesso anche al genitore non affidatario o non convivente, favorendo il congiungimento con le sue radici e con la sua storia familiare, salvo i casi estremi di relazioni genitore figlio gravemente disfunzionali o abusanti. Questo tuttavia può risultare molto difficile in alcuni casi in cui il genitore (più spesso la madre) convivente o affidatario ingloba a sé il figlio, disconoscendone i bisogni di appartenenza e di legame con entrambi i genitori, e allontana con varie strategie l’altro genitore (il padre) come colpevole di aver procurato tutto il male e la sofferenza. Per evitare questo è indispensabile che tra gli ex coniugi sia presente almeno un minimo di stima e comprensione dell’altro come genitore. Quello che secondo Cigoli è dunque indispensabile è una legittimazione reciproca tra genitori.